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sabato 9 agosto 2014

Fukushima l'anno zero



TITOLO: Fukushima l'anno zero
AUTORE: Naomi Toyoda
CASA EDITRICE: Jaka Book
PAGINE: 159
COSTO: 35 €
ANNO: 2014
FORMATO: 24 cm X 30 cm
REPERIBILITA': Ancora presente nelle librerie di Milano
CODICE ISBN: 9788816605046

Non prediligo i libri fotografici, oltre al costo maggiore, mancano o sono scarsi di testo, ma ho fatto un'eccezione per questa testimonianza scritta e fotografata da Naomi Toyoda. Intanto perché l'approfondimento scritto, seppur ridotto, è ben presente e valido, ed inoltre di libri sullo tsunami e su  Fukushima in Italia ne sono usciti ben pochi: Tsunami e Fukushima
Il fotografo giornalista giapponese fissa efficacemente il dramma atomico abbattutosi su Fukushima e dintorni, affiancando alle fotografie una parte scritta di denuncia. Viene raccontato il mito della sicurezza dell'uso pacifico dell'energia nucleare in Giappone, di come questa campagna di disinformazione nazionale pluridecennale abbia coinvolto le autorità governative e statali, oltre alle aziende private direttamente interessate al business nucleare.
Il libro inizia, però, con una domanda che il fotografo poneva a sua madre quando era bambino riguardo alla guerra: Perché tutta quella generazione non si era opposta alla guerra?
La madre gli rispondeva semplicemente che “non si poteva, perché nessuno si è opposto alla guerra”. Ora Naomi Toyoda si pone lui stesso la medesima domanda, che un qualsiasi bimbo giapponese di oggi potrebbe porgli: Perché la sua generazione non si è opposta al nucleare?
Penso che questo suo libro, oltre a denunciare gli errori e gli orrori di Fukushima, abbia lo scopo di testimoniare quel nuovo grande errore del popolo giapponese di non essersi opposto neppure questa volta ad una scelta governativa (in questo caso di un governo democratico), nonostante proprio il Giappone conoscesse le conseguenze del danno atomico.
Leggendo questo libro, e guardando le sue belle foto, non posso altro che essere felice, ed una volta tanto anche fiero, che noi tanto vituperati (giustamente) italiani una volta tanto (anzi, per la seconda volta!) si sia vinto il referendum contro il nucleare, che ci volevano spacciare per sicuro...
Il primo capitolo riporta la cronologia di ciò che successe al reattore 1 di Fukushima Daiichi da quel 11 marzo 2011, comprese le continue menzogne della Tepco, delle agenzie statali di controllo e dei comunicati governativi. L'autore spiega bene come la potentissima lobby nucleare nipponica abbia cambiato strategia comunicativa, dal mito della sicurezza a quello della rassicurazione: gli effetti delle radiazioni non sono gravi.
Il popolo giapponese ci cascherà ancora?

Naomi Toyoda non nasconde le enormi responsabilità del sistema informativo giapponese, che prima non ha mai messo in discussione il “mito della sicurezza”, e dopo l'incidente ha tardato a denunciare l'accaduto, minimizzando i fatti e mettendo a grave rischio la salute della popolazione esposta alle radiazioni. In quanto chi vedeva quei telegiornali rassicuranti e leggeva quegli articoli che non drammatizzavano l'accaduto evitarono di evacuare i luoghi contaminati.
Nel secondo capitolo il foto giornalista cerca di farci capire il suo stato d'animo in quei momenti, mentre fotografava le macerie dello tsunami.
Il terzo capitolo racconta il ritardi ad evacuare i comuni più vicini alla centrale nucleare, causati dalla reticenza delle autorità, che non si decidevano ad ammettere la gravità della contaminazione radioattiva. In particolare si racconta il dramma della popolazione di Iitate, lasciata senza nessuna informazione ed esposta inutilmente a forti dose di radiazioni, fino a quando, alla fine, il territorio comunale fu evacuato. A tal proposito è giusto ripetere cosa ha detto un'abitante di queste zone: “se le radiazioni fossero state colorate, saremmo fuggiti senza esitare”.
Alla fine molti territori comunali furono evacuati, e al territorio comunale vietato l'accesso. Sui cartelli che avvisano di questo divieto di accesso si può leggere una frase che potrebbe sorprendere l'occidentale per il suo contenuto vago. In realtà è risaputo che in Giappone si evitino frasi dirette, preferendo giri di parole che rendono la realtà meno traumatica, però ha tutto c'è un limite:
"Zona dove si prevede che i residenti avranno difficoltà a tornare per molto tempo”.
“Si prevede”? Quindi potrebbero anche sbagliarsi.
“Difficoltà”? Quindi non ostacoli insormontabili tipo radiazioni mortali.
“Per molto tempo”? Quanto tempo?! Si sa che il tempo è soggettivo.

Nel quarto capitolo è messo in evidenza il punto di vista di allevatori e agricoltori, che per le radiazioni hanno perso tutto ciò che era stato costruito in più generazioni, senza avere nessuna certezza che avranno un qualche tipo di risarcimento. La loro disperazione era così profonda che uno di loro, Shigekiyo Kanno, si tolse la vita nel capannone dove allevava le sue bestie. Su una parete di questo capannone ha lasciato la il suo testamento:
Se solo quella centrale nucleare non fosse mai esistita
Sono davvero grato alla mia cara sorella
Grazie per tutti questi anni
La mia capacità di sopportare è superata
13:30 del 10 giungo 2011
Perdonami!
Ti prego, paga il carpentiere con i soldi dell'assicurazione
Come vorrei che non fosse mai esistita quella centrale nucleare
Chiedo a tutti gli allevatori rimasti di tenere duro, non arrendersi alla centrale nucleare
Perdonatemi per essere andato via in anticipo, lasciandovi soli
Ho perso la forza di volontà per lavorare
Sono infinitamente grato alla signora Kesayo, tanto che non so come ringraziarla
Cara moglie, cari figli miei
Perdonatemi. Mi dispiace, sono un padre che non è stato capace di offrirvi nulla
Chiedo perdono anche ai miei genitori nell'aldilà”

Il quinto capitolo serve all'autore per fare il punto di ciò che ha raccontato fino ad ora, proseguendo, nel contempo, il suo viaggio nelle aree contaminate.
Nel sesto capitolo Naomi Toyoda cerca di rendere al lettore il sentimento di perdita per non poter mai più tornare nelle proprie case, l'aver perso pper sempre il proprio luogo natio.
Il settimo capitolo contiene l'ultima, ma forse la più terribile, balla che gli abitanti delle zone contaminate dovettero subire: la decontaminazione.
Le autorità di Iitate il 28 settembre 2011 pubblicarono un documento dal titolo “Programma di decontaminazione per Iitate: rigenerare la nostra terra feconda”. Secondo questo piano le abitazioni sarebbero state decontaminate in due anni, i campi in cinque e i boschi (il 70% del territorio comunale di Iitate) in venti anni, con un costo approssimativo di 4000 miliardi di yen (29.227.892.520,740 euro) solo per il comune di Iitate!
L'assurdità di questo piano di decontaminazione, oltre ala fatto che prevedei di rimuovere solo 5 cm di terreno contaminato, è che per ultimo si interverrà sui boschi (il 75% del territorio comunale), il che implica che ad ogni pioggia, nevicata o vento il bosco riverserà si abitazioni e campi già decontaminati(?) le sue radiazioni, ricontaminando tutto un'altra volta!
Nell'ultimo capitolo si raccontano le inquietudini della madri, lasciate nel dubbio sulla decisione di restare o lasciare i luoghi non evacuati ma vicino alla centrale. Le autorità non si pronunciano, emettono comunicati rassicuranti, ma queste donne temono per la salute dei loro figli. E se la loro indecisione causasse loro danni alla salute?

L'indice del libro.







3 commenti:

  1. Le scorie radioattive diventano inerti solo in migliaia di anni, nel frattempo sono pericolosissime (e aumentano esponenzialmente di anno in anno) e ingombranti.
    Questo quando tutto va bene, poi quando succede una roba come quella di Fukushima diventa impossibile anche vivere nel raggio di centinaia di km.
    L'informazione al grido di "non creiamo panico" omette spesso e volentieri che le cause di morte tumorali che stanno centuplicando ogni decade hanno un rapporto stretto con quella merda (nucleare) che creiamo.
    Chernobyl me lo ricordo ancora, e anche la nube tossica che raggiunse l'europa, e il fatto che si diceva che le conseguenze si sarebbero viste 30, 40 anni dopo. Cioè oggi, E infatti ho perso il conto di persone vicine e MOLTO vicine che si sono ammalate e alcune ahimè morte per tumore.

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    1. Con tutti gli agenti cangerogeni a cui siamo esposti (per lavoro o nella vita comune), o a cui ci esponiamo volontariamente (tipo le sigarette...), è un po' arduo stabilire un nesso causa/effetto tra la nube radioattiva che attraversò l'Europa nel 1986 e i decessi odierni per tumori.
      Mio punto di vista ;)

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  2. Daccordo, però statistiche alla mano essendo l'inquinamento più o meno costante dagli anni 60/70 in poi è strano che proprio negli ultimi vent'anni l'andamento dei casi di nuovi tumori abbia avuto un impennata verso l'alto.

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