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domenica 15 febbraio 2015

Attraverso il Giappone



TITOLO: Attraverso il Giappone
AUTORE: Luciano Magrini
CASA EDITRICE: Edizioni Corbaccio
PAGINE: 207
COSTO: 38€
ANNO: 1925
FORMATO: 23 cm X 15 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN:

Ciò che mi attira in questi vecchi, o vecchissimi, libri sul Giappone è il loro valore di testimonianza diretta. Piuttosto che leggere un saggio storico scritto oggi in cui si racconta del Giappone del 1923 preferisco leggerne uno scritto nel 1923, questo non impedisce, ovviamente, che chi lo scrisse riportò male alcune questioni. Questo libro di Luciano Magrini si concentra molto sul grande terremoto del Kanto, avvenuto il primo settembre 1923, l'autore arrivò in Giappone poco dopo, e poté testimoniare le distruzione e le condizioni di vita dei sopravvissuti. E' citata anche la violenza omicida di cui furono vittima i cittadini coreani, accusati ingiustamente di appiccare incendi.
Scrivendo sui forum mi è capitato di scontrarmi con super fan del Giappone con la tendenza forte al revisionismo storico, quando fai notare che i libri storici raccontano di un Giappone poco pacifico ti rispondono che sono libri poco affidabili perché scritti dai vincitori, o amenità simili. Mentre un libro come questo è difficilmente contestabile, in realtà lo sarebbero anche i libri storici scritto oggi, ma quella di Luciano Magrini è una testimonianza quasi istantanea dei fatti accaduti.
Il libro consta di 20 capitoli, di cui renderò il contenuto e gli spunti più interessanti, spesso le parole giapponesi (tipo i nomi delle città: Tokio, Jokohama etc) sono scritte in maniera difforme da quella odierna, dove ho potuto le ho riportate nella forma corretta.

Fra le rovine e gli orrori del terremoto (Tokyo ottobre 1923)
Sono riportati numerosi aneddoti sul quel lontano disastro, in particolare mi ha colpito quello dei 35 mila cittadini di Tokyo rifugiatisi in una piazza e morti arsi vivi dagli incendi dove erano rimasti intrappolati.

Terre squarciate e città sconvolte (Tokyo ottobre 1923)
Stesso resoconto per la città di Yokohama, che venne letteralmente rasa al suolo, sono riportati i danni subiti dalle altre città giapponesi: Kamakura; Jokosuga; Odovara, Hiratsuka.

Le resistenze dello Stato (Tokyo ottobre 1923)
Viene descritto come il governo del primo ministro Yamamoto, insediatosi durante le scosse di assestamento, agì nel momento della crisi, e le difficoltà che dovette superare. Il primo atto del governo fu di istituire lo stato d'assedio (legge marziale) a Tokyo, per impedire disordini e razzie. Uno dei timori maggiori era la sollevazione dei “bolscevichi”, che, sfruttando il caos, potessero iniziare una rivoluzione, assaltando la cittadella del Mikado. Il panico venne accresciuto da numerose notizie prive di fondamento, come la fuga dell'imperatore e gli “incendi coreani”. Quest'ultimo è il primo cenno dell'autore al massacro dei cittadini coreani da parte dei giapponesi inferociti.
Il resoconto dell'opera del governo è dettagliato, sia riguardo i successi che per le mancanze.

Le tragedie del panico (Tokyo ottobre 1923)
In questo breve capitolo l'autore racconta del panico che assalì i cittadini colpiti dal terremoto, sempre legato alle notizie infondate, come il sollevamento armato dei socialisti ed anarchici e i già citati “incendi coreani”. La polizia giustiziò numerosi esponenti di sinistra ed anarchici, allo scopo di prevenire la loro insurrezione. Mentre contro i coreani si scatenò una vera e propria caccia all'uomo, che secondo le stime ufficiali riportate nel libro causò la morte di 430 coreani, ma si ipotizzava fossero stati almeno il doppio. Per queste uccisioni vennero arrestati circa 200 giapponesi, l'autore non riporta se seguirono condanne penali. Le prime voci contro i coreani si sparsero a Yokohama, pare messe in giro da ex galeotti (giapponesi) alla scopo di creare ulteriore caos per compiere furti con più facilità. Fu comunque facile attizzare l'odio verso i coreani, che in patria si erano più volte ribellati alla dominazione giapponese. Al grido “arrivano i coreani” si spargeva il terrore in città, ad Omori (40 mila abitanti) fu la stessa polizia a mettere in allarme i cittadini. Sono riportai i vari metodi che gli ossequiosi cittadini nipponici utilizzarono per massacrare i coreani, comprese donne e bambini. Fu, a mio avviso, un anticipo del potenziale distruttivo che i soldati imperiali avrebbero dimostrato in Cina ed in tutte le nazioni occupate.


Gli enigmi della terra (Tokyo ottobre 1923)
In questo capitolo l'autore informa il lettore sui dati del terremoto, la scossa ebbe un'ampiezza orizzontale di 20 cm, e un'estensione verticale di 7 cm. Luciano Magrini si chiede se gli scienziati giapponesi non siano ora più vicini alla scoperta di un metodo per prevedere i terremoti. Viene raccontato quali costruzioni resistettero al terremoto e quali si sbriciolarono, quali terreni amplificarono le scosse e quali le attutirono.

L'accampamento sulle rovine (Tokyo ottobre 1923)
E' descritto come i sopravvissuti abbiano nell'ottobre 1923 già iniziato a costruire baracche di fortuna, la difficoltà degli esercizi commerciali, e dei futuri rigidi inverni che attendono la popolazione colpita dal terremoto, oltre che la carenza di derrate alimentari.

I problemi della ricostruzione (Tokyo ottobre 1923)
Viene dato conto di come il governo e le varie istituzioni interessate stessero pianificando la ricostruzione di infrastrutture, strade, parchi (per limitare i futuri incendi), scuole, ospedali etc. Si racconta anche che appena dopo il disastro ci fu chi propose di riportare la capitale a Kyoto, ma l'idea venne scartata per più motivi: avrebbe significato arrendersi alla catastrofe; dato l'impressione di un ritorno al passato feudale; Kyoto era troppo vicino ad Osaka, città operaia in cui i bolscevichi erano forti.
Allora, come lo è oggi, l'ostacolo più grande alla ricostruzione era la mancanza di fondi, anche perché il terremoto avvenne in un periodo di crisi economica.

Jokohama e il commercio della seta (Yokohama novembre 1923)
Viene raccontato quanto la città capitale del commercio della seta fosse stata danneggiata dal terremoto, ben più di Tokyo, con il porto completamente distrutto. A Yokohama, oltre che con i coreani, i cittadini giapponesi se la presero anche coi cinesi, massacrandone un centinaio. Tra i tanti drammi causati dal terremoto uno dei più gravi era la carenza di cure mediche, visto che gli ospedali erano tutti crollati. Stati Uniti e Francia avevano prontamente inviato due ospedali mobili, comprensivi di personale medico, ma per semplice orgoglio nazionalistico il governo si rifiutava di metterli in esercizio, finché le due nazioni li donarono al Giappone facendo rientrare il loro personale, a questo punto il governo nipponico lo sostituì con medici ed infermiere autoctoni.

Le pagode di Nikko (Nikko novembre 1923)
“Nikko mine ba-checco to mita”, “non dir bello se non hai visto Nikko”, è un proverbio giapponese che introduce il lettore al primo capitolo non legato al terremoto. Oltre a descrivere le bellezze artistiche del luogo, l'autore racconta un po' di storia dello shogunato Tokugawa, che a Nikko ha numerosi templi in sua memoria.

Il Daibatsi di Kamakura (Kamakura novembre 1923)
Il terremoto colpì anche Kamakura, ne vengono descritti i danni. Molte le opere architettoniche danneggiate o distrutte, illeso il bronzo del Budda Daibatsu.

L'isola di Venere e il sacro Fugi (Enoshima novembre 1923)
Vengono descritti i lievi danni causati dal terremoto alle costruzioni dell'isola di Enoshima, le bellezze naturali ed artistiche, dedicate alla dea dell'amore e dei mari Benten. Dall'isola si può godere una delle viste più belle del Fugijama (com'è scritto nel libro), questo da spunto all'autore di parlare del rapporto dei giapponesi con il sacro monte.

Il baccanale di Yoshivara (Tokyo novembre 1923)
Nel raccontare la rinascita della zona di Tokyo attorno al parco di Asakusa, compreso il tempio di Kwannon, si spiega come preghino i giapponesi, e quanto poco tempo questa attività occupi nella fede shintoista. E' raccontato come si svolge la festa del quartiere, “Tori-no-machi”, la festa del “Gallo sacro” di Yoshivara. A Yoshivara c'era il quartiere a “luci rosse”, l'autore descrive tra l'altro le condizioni di schiavitù delle prostitute nipponiche.

Donne giapponesi (Tokyo novembre 1923)
Le idee occidentali non avevano mutato solo la scienza e la tecnica, ma anche la società giapponese, in particolare il rapporto uomo-donna. Fino alla fine del 1800 il diritto di famiglia era regolato dal “codice Kaibara” che sulla donna recitava:
“Una sposa deve considerare il marito come il suo Dio e servirlo adorandolo. Essa deve riguardarlo come se egli fosse il cielo stesso. Tra gli antichi c'era il costume di lasciar giacere a terra, durante tre giorni, la femmina appena nata. Questo prova maggiormente la somiglianza dell'uomo col cielo e della donna con la terra”.
Ovvio che partendo da tali presupposti qualsiasi miglioramento della condizione femminile sembrò ai tradizionalisti una rivoluzione femminista. Secondo l'autore ormai la donna giapponese del 1923 non era più sottomessa all'uomo, direi che fosse un'opinione un tantino ottimistica, ma lo scritto resta comunque interessante. Sempre in tema di nuovi comportamenti della donna si spiega che il matrimonio combinato non era più la norma, che le donne giapponesi si sposavano anche per amore. Infatti nel 1920 ben 2 mila suicidi furono causati da mal d'amore, la cosa degna di nota di questa statistica ufficiale è che il totale dei suicidi furono 13400. Quindi i circa 30 mila suicidi annuali che avvengono oggi in Giappone provengono da molto lontano.
Si racconta anche del dramma delle operaie minorenni schiavizzate, obbligate a lavorare 12 ore al giorno fin dai 13 anni. L'autore sentenzia che il codice Koibare era di certo ingiusto, ma meno atroce dello sfruttamento moderno dello sfruttamento della donna in fabbrica. Si accenna all'usanza delle famiglie povere di vendere le figlie femmine alle case di prostituzione, prassi consueta soprattutto in campagna.

Crisantemi (Tokyo novembre 1923)
Nonostante il terribile terremoto anche nel 1923 si svolse l'esposizione dei crisantemi (che in Giappone hanno un significato diverso dal nostro), emblema della casa imperiale. E' descritta la passione giapponese per i fiori e per i bonsai (che l'autore non nomina per nome), non manca una descrizione della contemplazione dei ciliegi in fiore, per poi passare ai giardini giapponesi e all'ikebana (che di nuovo non viene chiamato col suo nome, viene solo descritto).

Le tombe dei samurai (Tokyo novembre 1923)
Poteva mancare il racconto sugli eroici 47 ronin?

Lo specchio del sole (Tokyo novembre 1923)
Capitolo che descrive la religione “sintoista”, in particolare ci si sofferma sul culto del tempio di Ise a Iamada, e della “divinità del sole”, la dea Amaterasu. L'autore nota che nella città di Iamada le botteghe che vendono ricordi sacri sono molti, ma affiancati alle cose di tolleranza, con le prostitute esposte alla scelta degli avventori, e le seconde attività “commerciali” hanno molte più clienti delle prime. Secondo l'autore la strada che conduce al tempio di Ise era, per la nostra mentalità, “un oltraggio al pudore”.
Viene riportato il racconto mitologico della creazione del Giappone, con tutto il rapporto tra Amaterasu e Susanoo. Non manca l'accenno al fatto che i giapponesi, essendo di origine divina, si considerino superiori a tutte le altre popolazioni del mondo. Ovviamente più divino di tutti è il Tenno, discendente diretto degli dei.
L'autore esprime l'opinione che il Giappone moderno sia ormai areligioso, mancante di regole morali religiose, una prova di questa sua considerazione avviene alla fine della sua visita al tempio di Ise. Un uomo lo invita alla rappresentazione dal vivo del ballo della dea che incuriosì Amaterasu, in pratica gli veniva offerto di partecipare ad uno spogliarello privato in cui una geisha avrebbe ballato mentre si spogliava, restando in ultimo nuda.

Le tendenze imperialiste di Tokyo (Tokyo novembre 1923)
Sono descritte le mire territoriali dell'impero giapponese, che nel 1923 aveva già ottenuto in due guerre (contro Cina e Russia): l'isola di Formosa; la regione cinese del Kuangtung; l'isola di Sakalin; la Corea.
Il nuovo obbiettivo dei vertici militari e di una parte degli uomini di potere era la Cina. Infatti il motto in voga era “l'Asia agli asiatici”, con lo scopo finale di scacciare i colonialisti bianche per sostituirli con quelli nipponici. Viene ben descritto l'isolamento diplomatico del Giappone, causato dai palesi e spesso goffi atti di intimidazione militare verso la Cina.

I tesori del baco da seta (Tokyo novembre 1923)
Un capitolo dedicato al prodotto più esportato da quel Giappone: la seta.

La crisi morale (Tokyo novembre 1923)
Le idee occidentali avevano messo in crisi le antiche consuetudini sociali, questo, sommato alla crisi economica, creò una crisi morale che preoccupava la classe dirigente e gli intellettuali. Inoltre la ricchezza era concentrata nelle mani di poche famiglie, e la popolazione era conscia della propria povertà, questo provocava un aumento delle simpatie verso i “bolscevichi”. L'esercito era inquieto anche per l'aumento della renitenza alla leva e per le diserzioni. Prova, secondo i vertici militari, di un preoccupante crescente antimilitarismo.
La burocrazia statale era mal pagata, fatto che incentivava la corruzione, come corrotta era la classe politica, cosa che faceva perdere di valore la democrazia. Le materie scientifiche insegnate a scuola minavano la credenza religiosa di un Mikado dio vivente.

La fiumana demografica e la crisi industriale (Tokyo novembre 1923)
Capitolo che espone numerosi dati statistici, atti a dimostrare che una delle cause della crisi giapponese era il boom demografico, che avrebbe aumentato l'inquietudine sociale, due erano le soluzione: l'emigrazione della popolazione; l'aumento dell'esportazione di beni industriali con cui comprare cibo per sfamare la popolazione in aumento.


Ho scannerizzato le pagine che testimoniano i massacri dei coreani, e le uccisioni di anarchici e socialisti.













Nelle ultime righe l'autore si pone alcune domande sul futuro del Giappone.







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