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lunedì 3 giugno 2013

Il Giappone oltre la maschera


TITOLO: Il Giappone oltre la maschera
AUTORE: Boye Lafayette De Mente
CASA EDITRICE: Clueb
PAGINE: 181
COSTO: 18 €
ANNO: 2011
FORMATO: 21 cm X 15 cm
REPERIBILITA': Reperibile su internet
CODICE ISBN: 9788849135169

Il saggio è composto da 38 brevi capitoli in cui l'autore cerca di spiegare alcune caratteristiche inerenti la società giapponese, sfatando alcuni stereotipi. Il contesto è spesso quello economico (il campo dell'autore), quindi sono citate problematiche aziendali/economiche (specialmente nel rapporto tra occidentali e giapponesi), nonostante ciò i concetti descritti sono applicabili non solo al campo economico. Inoltre il tutto è scritto in modo chiaro, qualche volta alcuni concetti sono più e più volte ripetuti. L'autore è un esperto del Giappone, fin dagli anni 50 si è occupato di divulgare la cultura e le consuetudini giapponesi negli Stati Uniti. I suoi giudizi, anche critici e duri, non paiono mossi da un sentimento anti nipponico, anche se poi a pagina 62 afferma che le decisioni finali ai più alti livelli non sono prese dal primo ministro senza l'approvazione di 12 eminenze grige, tra cui un esponente della yakuza...
1 Dissipare il mito di un Giappone enigmatico
Per comprendere le peculiarità giapponesi bisogna capire il concetto di “kata” (ovvero la “forma”, la “strada”), o anche “shikata” (“modo di fare”). Varie consuetudini nipponiche nascono da forme di kata, cioè il fare le cose “in modo giusto” (dall'uso delle bacchette al fare un pacchetto), che è ritenuto più importante di “fare la cosa giusta”. Quindi la “forma” acquista un valore maggiore della sostanza. Le origini della cultura della kata sono nella nascita del Giappone agricolo dedito alla coltivazione del riso. Shikata è la coltivazione del riso, la calligrafia, la cerimonia del tè, il teatro kabuki, il bushido. Chiunque non si conformava alle regole veniva ostracizzato, perché metteva a rischio la comunità.
Una caratteristica negativa dell'enfasi posta sulla corretta forme e armonia è la tendenza ad evitare di intraprendere azioni di cui non si conoscono le modalità di esecuzione, se manca una kata di riferimento non si agisce, si attende che lo faccia chi la conosce. Mantenere l'armonia (wa) a tutti i costi ha portato alla nascita di un linguaggio ambiguo, atto a non creare dissidi, ma potenzialmente equivocabile per i non giapponesi.
Oggi giorno il sistema della kata è riscontrabile in queste caratteristiche:
l'obbligo di lavorare insieme in gruppi esclusivi e chiaramente definiti;
una profonda lealtà verso i gruppi d'appartenenza e il paese;
un senso di equilibrio, della forma, dell'ordine e dello stile altamente sviluppati;
un sentimento ed un bisogno intuitivo per la precisione, l'accuratezza e la correttezza;
straordinaria destrezza manuale;
predisposizione a concentrarsi con estrema cura su un obbiettivo alla volta;
desiderio opprimente di eccellere in tutto, nel caso, però, si eccella sminuire il proprio talento mascherandolo con l'umiltà per preservare l'armonia del gruppo.
Ma la cultura kataizzata porta alcuni problemi:
l'incapacità di pensare ed agire in maniera indipendente;
lo stereotipare tutti in termini di famiglia, educazione, università, azienda, dimensione aziendale e posizione ricoperta;
la tendenza all'immobilismo per evitare qualsiasi frizione;
la tendenza a mantenere lo status quo se non in presenza di pressioni esterne;
la mancanza di senso di reciprocità in senso generale;
una coscienza sottosviluppata riguardo ai diritti altrui;
l'incapacità di identificare se stessi con altre nazionalità o razze;
l'invocare la propria appartenenza nazionale per giustificarsi nel comportamento e nelle attitudini.
Un occidentale dice “non importa come lo fai, fallo e basta”, un giapponese, invece, “non farlo, se non in modo appropriato”. La kata dal punto di vista industriale/economico ha portato numerosi vantaggi al Giappone, il miglioramento continuo dell'esistente, cioè la qualità. La kata è il motivo principale della non integrazione del gaijin, perché esso non potrà mai conoscere tutte le kata.

2 La sfida di essere giapponesi
Per essere giapponesi bisogna costantemente rimanere giapponesi. Qualsiasi comportamento che sia considerato “non giapponese” è subito identificato e riportato nell'alveo della normalità, oppure escluso dal gruppo. Per confermare la giapponesità nascono pratiche che servono a “sentirsi giapponesi”, l'aikido, il kendo, la calligrafia, i bonsai etc etc hanno questo scopo.

3 La sfida di parlare giapponese
La lingua giapponese è la prima barriera posta agli stranieri per impedire che diventino giapponesi. Per un giapponese è quasi impossibile accettare che uno straniero impari la lingua, e, mentre sono disponibili chi la parla male, si sentono a disagio verso chi l'ha appresa bene. Ci sono differenti livelli linguistici, per adattarsi al rango sociale dell'interlocutore e alle circostanze, dalla “lingua di corte” al dialetto, passando per il giapponese formale e comune, c'è addirittura un giapponese delle organizzazioni criminali.
Il giapponese è fortemente collegato ai comportamenti culturali, se non si conoscono questi è difficile apprendere la lingua. Secondo gli occidentali che vivono da decenni in Giappone la fissa dei giapponesi per il binomio lingua-cultura gli impedisce di relazionarsi con latri popoli, con la tendenza a voler mantenere la cultura giapponese incontaminata.

4 Un dilemma giapponese: le politiche contro i principi
Il capitolo affronta le differenze etiche e sui principi tra occidentali e Giappone. Per motivi storici/religiosi il Giappone non ha sviluppato quei principi etici e morali presenti in occidente. Molti giapponesi sono usi affermare: “noi giapponesi seguiamo si delle condotte, ma non possediamo dei principi”.
L'autore fa interessanti considerazioni sulla moralità e l'etica nei rapporti economici e politici tra Giappone e occidente. Illustrando bene quali “comportamenti giapponesi” per noi occidentali siano giusti o sbagliati, senza volere giudicare cosa sia giusto o sbagliato in assoluto.

5 Mai dipendere dalla logica in Giapponese
Le differenze tra la ligica occidentale e la “ronri” (logica) giapponese.

6 Potrà mai il Giappone immettersi nell'energia cosmica?
Il “ki” giapponese nel mondo degli affari e lavorativo.

7 Barriere culturali ed extralegali per gli stranieri in Giapponese
Fino agli anni 80 esistevano numerose barriere legali che impedivano agli stranieri di portare avanti attività economiche. Ora quasi tutte queste leggi sono state abolite, rimane la burocrazia, che può bloccare la nascita di un'attività senza dare motivi reali. Una volta superata con ostinazione la burocrazia c'è un altro muro: le idiosincrasia della cultura giapponese.
L'etichetta e la morale delle relazioni interpersonali e economiche sono le due più importanti barriere. Per superare questi ostacoli bisogna far ricorso al lobbismo di stile nipponico, il “nemawashi” (rivoltare le radici), che sono i rapporti extra lavorativi di svago. Altre barriere sono i processi di pianificazione dei progetti, lo scambio di favori e la lingua.

8 Confrontarsi con un Giappone ateo
Le differenze tra la morale occidentale e quella giapponese sono dovute alle differenze religiose. In Giappone è assente un dio onnipotente che decide ciò che è bene e male, ed anche un clero che ne anticipa il giudizio in terra come in occidente. In Giappone il giudizio ultimo era nelle mani del gruppo e delle regole imposte dalla società in base alla classe d'appartenenza. Quindi la morale giapponese mutava con il cambiare delle circostanze e di chi esercitava il potere. In Giappone si è andata formando una assenza di bene e male assoluta, preferendo considerare “bene” il meglio per il gruppo (e “male” il peggio per il gruppo), anche se i benefici non erano per il “gruppo” inteso come la moltitudine (contadini e mercanti), ma il “gruppo” della élite di comando.

9 Giocare in un campo perennemente avverso
E' spiegato il perché richiedere, in campo economico/industriale, al Giappone l'equità e il fair play nei rapporti con gli occidentali porterà sempre ad incomprensioni. Per le aziende (o lo Stato) giapponesi il concetto di equità nei rapporti d'affari non fa parte della consuetudini imprenditoriale, il gruppo più forte avrà dei privilegi, e non sarà tenuto a trattare da pari col più debole.

10 Come la mediocrità può “fare carriera” in Giapponese
Viene spiegato il perché la scelta di un leader di un gruppo (dai politici al capo sezione) diverge dal concetto di eccellenza occidentale. Il leader giapponese deve mantenere l'armonia del gruppo, quindi le decisioni andranno prese col consenso della tonalità per mantenere l'armonia. Per questo anche una persona “mediocre” ma che riesca a far da mediatore nel gruppo può esserne il capo. L'unico prerequisito è, di solito, l'anzianità, quindi è difficile trovare un capo giovane in Giappone. Ne consegue che personalità che spiccano per eccellenze possano essere messe da parte, in quanto invise al gruppo, proprio per le loro capacità superiori. Mentre figure più mediocri tendono a rassicurare il gruppo e a non generare invidia, mentre consolidano l'armonia.

11 Come i giapponesi percepiscono ed utilizzano le loro conoscenze rispetto agli occidentalismi
Uno dei motivi del successo industriale/economico giapponese è dovuto al modo di percepire, accumulare ed utilizzare la conoscenza, sistema che si differenzia dai metodi occidentali.

12 La sindrome del “rischio morale”
Il Giappone si basa (e si è basato in passato) sul concetto di gruppo, una volta era il villaggio e il clan, oggi i gruppi sono infiniti. Quindi l'armonia del gruppo è prioritaria, ciò comporta dei vantaggi, ma anche un problema, che è chiamato il “rischio morale”. Mutuato dal gergo degli assicurati, il “rischio morale” è la tendenza degli assicurati di non prendere nessuna iniziativa personale per evitare l'insorgere di problemi. Il “gruppo” (o i gruppi) giapponesi, pur di mantenere l'armonia, non affrontano o evidenziano i problemi che si presentano, anche perché il singolo che si esponesse per “denunciare” un problema sarebbe tacciato di protagonismo.

13 Sul vittimismo giapponese e su come evitare le responsabilità
Nei rapporti economici tra occidentali e giapponesi bisogna valutare due questioni importanti: “la sindrome dell'innocenza conscia” e il “higaisha ishiki”, la “mentalità vittimista”.

14 Il sistema inferiore-superiore in Giapponese
Il concetto superiore-inferiore attualizzato all'oggi porta l'occidentale, che non ha gli strumenti culturali per capirlo, a considerarlo un'altra barriera culturale invalicabile.

15 “Soft” management conto “hard” management
Le peculiarità del sistema manageriale nipponico.

16 La sindrome del suicidio in Giapponese
Una carrellata sui suicidi famosi, dai 47 ronin a Mishima. Peccato che siano dedicate solo poche righe alla piaga del suicidio moderno.

17 La cultura giapponese contro il management scientifico
Le caratteristiche manageriali insite nella cultura giapponese, e che i manager nipponici utilizzano senza avvalersi della scientificità occidentale.

18 L'azienda giapponese del futuro
Dal 1995 le aziende giapponesi si sono rese conto che la filosofia manageriale nipponica non era più adatta alla crisi esistente. Per questo vennero elaborati 10 punti per il rinnovamento delle aziende. Sono enunciati questi 10 punti proposta, che nella realtà no sono stati ancora applicati.

19 Le otto regole d'oro per il management giapponese: sono veramente destinati al fallimento?
Spiegazione e considerazioni sulle 8 regole del management nipponico dagli anni 50 agli anni 90.

20 L'allergia giapponese per gli occidentali
Sono illustrati i motivi (mancanza di igiene personale e maleducazione) risalenti sia ai primi incontri tra europei e giapponesi che attuali “dell'allergia” nipponica agli occidentali. In particolare il concetto di “iwakan”, “senso di incongruità o di incompatibilità” verso gli stranieri, vissuto in particolare dagli uomini giapponesi.

21 L'ossessione della “sgiapponesizzazione”
Le cause che spingono i giapponesi a desiderare una “sgiapponesizzazione” della loro società

22 La mentalità dei burocrati giapponesi
Il burocrate (yakunin) giapponese è un punto fondamentale per capire la struttura economica del paese. Per far ciò l'autore spiega alcuni termini burocratici.
Messhi Hoko” (sacrificarsi per il bene pubblico)
In realtà aumentare il prestigio e proteggere gli interessi della propria sezione/ministero/ufficio.
Meiwaku o evitare “meiwaku” (evitare problemi al prossimo)
In pratica l'immobilismo propositivo e critico verso la propria struttura e i propri superiori.
Taika Naku” (senza gravi errori)
Al momento della pensione un burocrate sarà considerato bravo se non avrà mai causato disagi al proprio gruppo.
Maemukini” (considerare gli eventi in modo costruttivo)
Un modo per rinviare la soluzione di un problema posto al burocrate, con la promessa che si valuterà la cosa.
Jubun” (“in modo pieno” o “completamente”)
Un altro modo per rinviare una decisione, come per maemukini.
Tsutomeru (“essere impiegato)
Nell'accezione burocratese significa che ci si “impegnerà per” o ci si “assumerà il ruoli di” ma senza assumersi nessuna vera responsabilità.
Kento Suru” (investigazione/esaminare)
Il tema o problema posto verrà discusso/esaminato, ma nessuna decisione sarà presa.
Hairyo Suru” (prendere seriamente in considerazione qualcosa)
In realtà il problema non sarà affrontato ora.
Shinchoni” (prudente o cauto)
Usato per far capire all'interlocutore che unna richiesta non può avere ulteriori sviluppi.
Se ci si sente rispondere, invece, “muzakashii” (difficile) vuol dire “non posso farlo” o “non può essere fatto”.

23 Perché la azioni in Giappone sono più eloquenti delle parole
In occasione di rapporti formali con burocrati e politici ciò che ci si sente dire non è ciò che si otterrà. Questo perché più delle parole è importante interpretare le relazioni, le circostanze e il comportamento dell'individuo e dei gruppi. L'etichetta giapponese ha sviluppato una logica propria, che può differire dai contenuti, e che necessita di conoscere la cultura e la società giaponese. In questo contesto ha importanza la “telepatia culturale” che i giapponesi chiamano “haragei” (arte delle viscere), e i concetti di “tatemae” (ciò che appare) e “honne” (i sentimenti reali che si nascondono).

24 Yakuza: la vera storia degli onorevoli gangster
Un interessante capitolo (peccato per la brevità) su un tema raramente affrontato. Si parte con la spiegazione sulla nascita della yakuza nel 1200, fino al significato filologico del termine. E' accennata l'influenza della yakuza sul sistema economico e politico.

25 Il contributo dello Zen alla potenza economica giapponese
Nei primi anni del 1700 Baigan Ishida modificò la filosofia del lavoro, che era un mero accumulo di denaro, in un modo per migliorarsi: più si lavorava e maggiori erano le soddisfazioni intellettuali e spirituali.
In pratica quella che è chiamata l'etica del lavoro Zen, che anche nel dopo guerra ha permesso al Giappone di diventare la seconda potenza economica.

26 Come il Giappone è assurto a superpotenza economica
Un riepilogo delle politiche economiche governative, cioè della “Gyosei shido” (guida amministrativa), dalla Restaurazione Meiji al 1980. Questa pianificazione economica dei burocrati e dei politici non è cessata neppure negli anni della crisi economica dal 1990 ad oggi.

27 Il biasimo governa il Giapponese
Sempre considerando che il Giappone ha sviluppato l'etichetta come comportamento sociale codificato, chi la rispetta non avrà elogi, perché è considerato scontato, mentre chi non rispetta le aspettative generali subisce un demerito. Si è andato, quindi, sviluppando un sistema di valutazione basato sul biasimo, una nota di biasimo sul proprio dossier lavorativo può bloccare una carriera. Usare il demerito come forma di valutazione porta si ad una riduzione degli errori, ma anche un forte immobilismo decisionale e operativo.

28 Ijime: bullismo delle scuole giapponesi
Delle interessanti considerazioni sul bullismo scolastico (ijime). Dandone in parte la colpa al mantenimento della classe dirigente scolastica coinvolta col governo fascista degli anni 30 e 40, e al sistema scolastico che nacque (nel 1868) col lo scopo di instillare la fedeltà degli studenti all'imperatore. A cui vano sommate le cause attuali e la tendenza a non accettare chi si comporta differentemente dal gruppo.

29 L'inferno delle scuole giapponesi
Un'analisi spietata del duro sistema scolastico giapponese (con spiegazione della sua nascita nell'era Meiji), basato sulla pura memorizzazione delle nozioni e su esami impossibili, che portano gli studenti ad alti gradi di stress.

30 Sulla crisi del management giapponese
L'autore ripropone le critiche e le soluzioni verso il management nipponico da parte di due studiosi, Moriaki Tsuchiya e Konomi Yoshinobu.

31 Nihonteki: uno dei segreti del successo giapponese
Una analisi del “Nihonteki” (stile giapponese), uno standard qualitativo ed estetico delle merci che, fino dall'era Meiji, ha impedito alle imprese occidentali di esportare prodotti di consumo in Giappone, e che sussiste anche oggi, solo che le nuove generazioni ne sono meno influenzate. Il manufatto o prodotto Nihonteki deve avere delle caratteristiche che si rifanno ai concetti shibuni (raffinato/sobrio), wabi (semplice/quieto/tranquillo), sabi (ruggine, la bellezza delle cose vecchie), yugen (mistero/sottigliezza).

32 Vendere sesso in un bicchiere. Ovvero: il mercato del piacere in Giappone
Uno squarcio sui luoghi legati al concetto di “mizu shobai” (commercio dell'acqua). Un accenno storico la spiegazione delle tipologie dei locali: nomiya, izakaya, karaoke.

33 La lotta giapponese per raggiungere la perfezione
Il raggiungimento della perfezione tramite lo stato mentale d'illuminazione “muga” e la dottrina Zen.

34 Il mito giapponese dell'internazionalizzazione
L'autore, sulla base delle sue esperienze personali in Giappone, spiega perché i giapponesi, che si considerano “internazionali”, in realtà non lo siano.
35 Sintonizzarsi sulla telepatia culturale giapponese
Una parte della comunicazione interpersonale (sia privata che professionale) avviene tramite modalità extra-verbali (l'utilizzazione di giusti registri linguistici, del vocabolario adatto, del tono della voce, la mimica e i gesti). Cioè quella che si può chiamare “telepatia culturale” e che in Giappone è chiamata “haragei” (arte delle viscere). Due sono i motivi del haragei: la mancanza di privacy nella società e nella famiglia giapponese; il ridurre il parlato per non rischiare di incrinare l'armonia del gruppo.
Quest'ultimo crea una comunicazione vaga e indiretta, cioè la “capacità di lasciar intendere”.

36 L'approccio discorsivo occidentale contro il Wa/Sa giapponese
In un rapporto d'affari o politico tra occidentali e giapponesi un grosso ostacolo è dovuto al fatto che i primi si basano sull'approccio domanda/risposta, mentre i secondi sui concetti Wa/Sa. Dove “wa” è l'armonia del gruppo e “sa” è è la risposta evasiva (corrispondente alla nostra alzata di spalle) per non infrangere l'armonia (wa).

37 Comprendere la mentalità dei businessmen giapponesi
Secondo l'autore per intrattenere buoni rapporti d'affari con i giapponesi è utile conoscere lo Zen.

38 Punti di forza e di debolezza dei giapponesi
L'autore elenca un certo numero di svantaggi e vantaggi della società giapponese, più o meno quelli riportati nel primo capitolo.


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