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martedì 14 ottobre 2014

Yamato, mensile italo giapponese - Febbraio 1942


Talvolta incappo in piccoli tesori, fino ad allora a me sconosciuti, infatti non sapevo proprio che esistesse questa pubblicazione mensile risalente al 1942. Lo scopo della rivista era diffondere la conoscenza del Giappone in Italia, visto che le due nazioni erano alleate, e penso che il cittadino patriota italico al massimo sapesse dove fosse collocato geograficamente il Giappone, niente di più.
Trovo interessanti queste pubblicazioni per vari motivi. In primis perché descrivono un Giappone che non esiste più (ed in alcuni casi è una vera fortuna...), e tra queste pagine si leggono usanze e tradizioni che probabilmente sono scomparse. Inoltre per il fatto che c'è chi ancora nega che in quel periodo storico il Giappone commise gravi crimini contro l'umanità, e che questi crimini furono causati dal fanatismo raziale. Questi scritti dimostrano quanto fosse ben riuscito l'inculcamento delle dottrine imperiali nella popolazione, e a cosa portarono. Infine, pur nella loro drammaticità storica, trovo esilaranti i toni da "Istituto Luce" di questi scritti, che ritengo possano servire come monito ad evitare nuovi fanatismi militareschi.
La cosa che ho trovato strana è che siano presenti molte pagine pubblcitarie di aziende italiane, ma in una rivista scritta in italiano per far conoscere il Giappone agli italiani non avrebbe avuto più senso trovate réclame di prodotti giapponesi esportabili in Italia?
Il formato della rivista è molto grande, 34 cm X 25 cm, di contro il carattere dello scritto è quasi micriscopico, ho dovuto, quindi, fare più scan per ogni singola pagina.
La numerazione delle pagine non parte dal numero 1, in quanto questa pubblicazione alla fine dell'anno sarebbe dovuta essere rilegata in un unico volume, essendo questo il secondo numero le pagine vanno dalla 34 alla 63.







Chi vuole andare ad albergare a Torino?





Nel 1942 si poteva ascoltare la "voce del Giappone", immagino le cavolate nazionalistiche che dicevano...







A pagina 37, dopo la pubblicità, il primo articolo riguarda la festività del mitico (nel senso che esiste solo in mitologia, non nella realtà storica) primo imperatore giapponese: la festa di Kigensetu.
L'autore giapponese spiega che in occidente una festività contemporaneamente religiosa, politica e civile non esiste più dai romani. Nell'esaltare il culto degli antenati si arriva fino a considerare negativi gli influssi culturali cinesi, peccato che senza la cultura cinese (e coreana) il Giappone non avrebbe avuto neppure la scittura... il fanatismo è una brutta bestia.
Talvolta nei saggi storici ho letto che in realtà il popolo giapponese non credeva di discendere dierttamente dalla dea Amaterasu O-Mikami, ovviamente io non posso sapere cosa pensase il popolo giapponese, però è certo che la favola del "popolo eletto" la scrivevano in ogni dove. Alla fine qualcuno che ci credeva ci sarà pure stato.
Nell'articolo si usa il termine "lari", ho scoperto che significa "divinità", una divinità romana.



Pagina 38.



Ecco, questa pubblicità ha un senso. Un italiano con la fissa del Giappone poteva organizzarsi un viaggio a Nippon.


Pagina 39.
Il professor Gino Terra spiega all'indisciplinato popolo italico i precetti imperiali dettati ai militari dal "Grande Padre", in realtà il grande nonno, l'imperatore Meiji (ai tempi si scriveva Meizi).
Il fanatismo di quel Giappone è involontariamente bel illustrato nel punto in cui Terra racconta che questi precetti imperiali (emanati con il rescritto imperiale del 1882) erano insegnati fin dalle scuole elementari, allo scopo di preparare il bambino a divenire ", quando la patria chiama, prodi soldati degni continuatori delle geste dei samuari".
Per far meglio apprendere il rescritto imperiale fu stilato un prontuario per il soldato al fronte. Imperatore e soldato erano una unica cosa, il primo la mente, i soldati il corpo.




Le due scano sotto sono le didascalie laterali della foto sopra.




Inizia l'articolo di Gino Terra. 



Pagina 40.
Precetto 1: Della Fedeltà.
Non è che i militari seguirono poi tanto il punto 1 del tenno Meiji: "Vi terrete in disparte dalle discussioni pubbliche e non vi immischierete nella politica". Mica scemo il nonno, peccato che il nipote non obbligasse i militari ad attenersi al precetto...
"Il dovere di fedeltà più pesante di una montagna, e la morta più leggera di una piuma": no vabbè, il nonno non era tanto normale... 


Precetto 2: Della Cortesia e della disciplina.
Anche il secondo precetto era largamente ignorato da soldati ed ufficiali, visto che il maltrattamento dei sottoposti faceva parte dell'addestramento militare, sottoposti che poi si sfogavano sulle popolazioni civili conquistate. Mi chiedo come mai il "pacifista" Hirohito non obbligasse i militari a seguire alla lettera il precetto 2.



Precetto 3: Del coraggio.
"Senza disprezzare un nemico inferiore", vallo a dire ai soldati cinesi massaacrati dai giapponesi...

Precetto 4: Della buona fede e della lealtà.
Questo precetto non fu rispettato in primis dagli alti gradi militari, altrimenti non si sarebbero imbarcati nè nell'invasione della Cina, che non riuscirono a terminare, nè nell'attacco a Pearl Harbor.



Precetto 5: Della semplicità e della Frugalità.
Non c'è dubbio che questo era rispettato.





Tremenda la didascalia qua sotto inerente alla foto sopra... ma quali "vincitori"?!



Pagina 41.
In questo articolo si spiega come il colonialismo inglese era un schifo, mente quello giaponese ed italiano era buono.





Pagina 42.
L'autore si dimentica di spiegare perché venne attuato l'embargo anglo-olandese-statunitense, piccole sviste.
Fin comico che uno dei motivi dell'invasione delle Indie Olandesi era il bel paesaggio.








Pagina 43.
Un po' di storia delle ferrovie giapponesi, penso che Sheldon Cooper (Big Bang Theory) avrebbe apprezzato, io un po' meno. Pare che la puntaulità dei treni nipponici affondi le sue radici in un lontano passato, stessa cosa per i ritardi italici...






Pagina 44.
Il personale con compiti di facchinaggio era "fidatissimo", forse il nostro personale lo era di meno?
Sono riportate tutte le tariffe, con un raffronto con quelle italiane.








Pagina 45.






Complimenti a Michele Oro, ha azzeccato perfettamente come è finita la guerra...




Pagina 46.
Si prende spunto dallo "Heiche Monogatori" per illustrare quel periodo storico.







Pagina 47.





Pagina 48.
Una analisi critica del dipinto a colori su paravento mostrato più in basso.








Pagina 49.




Pagina 51.
Un articolo di carattere floreale, comunque interessante.





Pagina 52.
Si racconta della festività del "Hatu-Uma", "Il primo giorno del cavallo", festa in onore della dea Toyo-Uke-Hime-no-Kami. Nel 1942 questa festività, immagino scomparsa dai calendari giapponesi, aveva molto più valore, per vari motivi spiegati nell'articolo, tra cui il fatto che era anche l'anno del cavallo. La cosa curiosa è che nel complicato computo cronologico di svariati calendari antichi e moderni ci si spinge fino al 1983/84!
L'autore italiano dell'articolo credo volesse dimostrare d'essere più nazionalista dei nazionalisti giapponesi. Figuriamoci se Hirohito sarebbe restato sul trono ancora 40 e passa anni! Impossibile! Oppure no? T_T









Pagina 53.
E' illustrata la figura storica di Hozyo Tokimune, protagonista della copertina. Vissuto nel 1200 e collegato al tentativo mongolo di invadere il Giappone, oltre che al provvidenziale, quanto non soprannaturale, doppio "kami-kaze", i tifoni che spazzarono via due volte le navi mongole piene di soldati.
Le ultime righe sono la classica sviolinata italica, fin imbarazzante...









Pagina 54.
Più interessante questo racconto della quotidianità giapponese. L'8 febbraio era lo "hari-kuyo", il giorno dei funerali degli aghi rotti, in cui lo spirito di questi utensili era quietato con una cerimonia annuale in un tempio shinotista, a Tokyo in quello di Awascima.
Tutti i pezzettini di aghi venivano posti momentaneamente in una scatola, poi l'8 febbraio questi pezzi di ago sarebbero stati appuntati in una morbidissima focaccia di farina di fave, a forma di mattone, e deposta nel tempio.
 






Pagina 55. 






Pagina 56.
Viene spiegato lo scopo della "Società amici del Giappone", "Nippon-Tomo no Kai". Nell'articolo si sottintende un po' ingenuamente che i due popoli neo alleati ignoravano i reciprochi usi e costumi. Tanto che la rivista si prefigge di far conoscere il Giappone alla "classe di buona cultura", figuriamoci gli italiani poco colti cosa sapevano del Giappone...








Pagina 57. 




Interessante questa cronologia coi sucessi militari giapponesi, ma la fonte era lo stesso esercito giapponese? Gli stessi delle ritirate vittoriose?
ah ah ah



Pagina 59.
Dalle notizie riportate pare quasi che il territorio statunitense fosse accerchiato dalla marina nipponica!






Pagina 58.



Pagina 62. 



Pagina 60.
Preferisco la Breda che faceva i tram... che poi vendere mezzi militari ai giapponesi con la fama che avevamo noi era un po' il colmo...


Pagina 63.



Pagina 61.
Probabilmente queste erano lettere di lettori.






Copertina posteriore.


7 commenti:

  1. Interessantissimo!!!
    Sei davvero incappato in un piccolo tesoro e ti ringrazio di averlo condiviso :)
    Orlando
    p.s. l'albergo Principi di Piemonte di Torino è ancor oggi assolutamente identico alla foto di 72 anni fa!

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    1. Prego :]
      Tra l'altro mi è partita la pubblicazione del post quando non avevo ancora finito di scrivere, era in "bozza"...misteri di Blogspot

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  2. Dove cavolo l'hai trovato!?? Davvero interessante.

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    1. Ad un classico mercatino dell'usato, buttato alla rinfusa assieme ad altre cianfrusaglie editoriali. Queste scoperte sono come quelle della trasmissione "Affari al buio" su Cielo, che è l'unica trasmissione tv che guardo con piacere. Un po' il sogno di tutti i collezionisti, trovare il box pieno di cavolate che per gli altri non valgono nulla, ma per te è tutto oro ^_^
      http://www.cielotv.it/programmi/affari_al_buio.html

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  3. lo conosco bene quel programma insieme a "American Pikers"

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  4. Ne ho alcuni numeri. la delusione è che si tratta, perlopiù, di sparate da parte del paludato fascista di turno che non robe sul Giappone (chessò, usanze, ricette ecc...)...

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    1. Concordo, però ci sono anche delle testimonianze dirette del tempo. Ovviamente bisogna scremarle dalle idee politiche ;)

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